BICI E PAROLE

Sabato 24 Marzo si è svolta la premiazione del concorso letterario Bici e Parole .... per problemi logistici non ho potuto partecipare all'evento, per cui non conosco ancora i risultati finali, ma voglio condividere ugualmente il mio racconto


Il titolo è VADO IN BICICLETTA DAPPERTUTTO... buona lettura!


Vado dappertutto in bicicletta. Non lo faccio per moda, né per comodità. Mi darei un certo tono, se affermassi, che uso la bici per rispetto dell’ambiente, ma in realtà , nonostante abbia figli, neppure questa è la ragione per cui, da anni, ho abbandonato la macchina. Premetto che non ho problemi economici, per cui risparmiare non è una delle mie priorità. Soffro di emorroidi, quindi stare seduto su un sellino, spesso, mi crea un discreto fastidio. E odio indossare pantaloni corti, anche d’estate. Ho sempre avuto gambe sproporzionate rispetto al resto del corpo, per cui non amo mostrarle, nonostante pedalare con una molletta da panni attaccata all’orlo della gamba destra non sia, spesso, il massimo. Qual è quindi il motivo? Per capirlo occorre fare un salto indietro al lontano 2005. Avevo da poco soffiato sulle candeline dei miei 50 anni, dopo aver espresso il desiderio di cambiare macchina che, una mattina, svegliandomi, mi sentì strano. Non stavo male, avevo solo la sensazione che l’aria fosse spessa. Era un giorno di primavera, non troppo afoso. Questo mi fece pensare. Passai la mattinata in ufficio a toccarmi il petto e a fare strani allungamenti con la braccia, cercando di dilatare i polmoni, ma invano. Andai dal medico. Non lo vedevo dai tempi dell’università. Dopo avermi provato la pressione, mi prescrisse una lista di controlli da fare con urgenza. Risultò che non ero per niente in forma. Una vita di eccessi e di stress lavorativo stavano seriamente minando il mio stato di salute. La crisi matrimoniale poi, che io e mia moglie stavamo vivendo da anni, non migliorava la situazione. Mi guardai allo specchio per la prima volta, e quello che vidi non mi piacque per niente. Avevo il viso gonfio, due occhiaie profonde che mi incorniciavano gli occhi e una pancia prorompente che metteva in mostra ancora di più le mie gambe rachitiche. Rabbrividì a quell’immagine e  sentì un campanello suonare. La finestra del bagno era aperta e un bambino stava attraversando la strada in bicicletta e con quel trillo avvisava tutti del suo passaggio. Con gesto automatico andai in garage, gonfiai le gomme della mia vecchia Bianchi e partì alla volta dell’ufficio. Per i successivi due mesi fu un delirio. Arrivavo stremato, bagnato di sudore, tanto che ero costretto a lavarmi a pezzi nel bagno di servizio. Poi, però, con il tempo e un buon allenamento il percorso risultò più semplice. Nel giro di tre mesi persi 15 chili. In soli cinque misi la macchina in vendita. Da allora vado in bicicletta dappertutto. Non lo faccio per moda, né per comodità. Non lo faccio per rispetto dell’ambiente, né per questioni economiche. Pedalo perché pedalare mi fa stare bene. E perché pedalando ho ritrovato l’amore per mia moglie. Per capirlo occorre fare un altro passo indietro al lontano 2007. Dopo due anni che nei fine settimana me ne andavo in giro con la mia bicicletta tra le colline vicino a casa, un sabato mattina mia moglie mi disse Vengo con te. Capì subito che non scherzava affatto. Era vestita come una vera ciclista. Guardandola, sulla sua vecchia Graziella, con pantaloncino imbottito e borraccia dietro la schiena non potei fare a meno di ridire. Quel pomeriggio, persi tra campi di girasoli e con nel naso il profumo di un’estate bellissima, mi innamorai di lei. Successe così. Dopo circa un’ora di pedalata, ci addentrammo in uno sterrato abbastanza impervio. Io, che ci tenevo a fare bella figura, spinsi sui pedali senza accorgermi di una buca profonda proprio dietro ad un dosso. Riuscì miracolosamente a non cadere, ma persi la catena. Premetto che non sono mai stato bravo nelle attività manuali, per cui di fronte a quella situazione entrai immediatamente in panico. Mia moglie, con una calma da ghepardo, mise il cavalletto alla sua bici e mi venne in soccorso. Non disse nulla. In silenzio mi prese la bicicletta dalle mani, la rovesciò sul manubrio e in due manovre rimise la catena al suo posto. Fatto mi disse, pulendosi le mani sulla maglietta e scostandosi un ciuffo di capelli dal viso. Io la guardai, lo feci per la prima volta dopo anni. Aveva rughe sottili attorno agli occhi, un neo al centro della fronte che non avevo mai notato prima e le labbra un po’ screpolate. Aveva sul naso una macchia di unto che si era fatta scontandosi i capelli arruffati dal caldo e dalla fatica. Era bellissima. Colto da una passione che non mi era mai appartenuta prima di allora, le cinsi la vita e la spinsi tra quei girasoli bellissimi. Facemmo l’amore come due giovani innamorati, ritrovandoci non più così giovani, ma ancora innamorati, dopo due figli, tante perdite, indifferenza e silenzi pieni di rimproveri. E lì, stesi in un campo, con i vestiti sporchi di terra e le gote arrossate, un sibilo delicato raggiunse le nostre orecchie. Mentre la gomma della mia bicicletta si stava sgonfiando a causa della buca presa poco prima i nostri corpi si stavano riempiendo di un amore ritrovato e mai dimenticato. Quel pomeriggio d’estate cambiò radicalmente la mia vita. Da allora vado in bicicletta dappertutto. Non lo faccio per moda, né per comodità. Non lo faccio per rispetto dell’ambiente, né per questioni economiche. Pedalo perché pedalare mi fa stare bene. Lo faccio perché tutti i fine settimana io e mia moglie pedaliamo insieme e quando lei rimane indietro io l’aspetto e quando io perdo la catena lei MI ripara.
 

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