TRASPARENTE

Non ho vinto e non mi sono classificata tra i finalisti, ma non per questo evito di postare il mio racconto sull’ACQUA...




Trasparente di Sensi Paola

Guardo scorrere l’acqua dal rubinetto della vasca. Sono nuda, in mezzo al bagno, in attesa di lavarmi. Per farlo, oggi, non ho bisogno di sapone, ma solo di sincerità. I pensieri che mi riempiono la testa sono cullati dal rumore dell’acqua che, dai tubi, esce con forza, schizzando contro le pareti di ceramica bianca. Mi sento fragile, come quelle piccole bolle che scoppiano sotto ad ogni scroscio. Voglio che la vasca si riempia in fretta. Sono turbata per aver perso qualcosa di prezioso, di cui non ricordo il nome. Il rumore dell’acqua non mi permette di concentrarmi, resto nuda, ferma in mezzo al bagno, in attesa di lavarmi
Dopo qualche minuto tutto è pronto. Chiudo il rubinetto. Immergo un piede nell’acqua che sento bollente, rispetto al corpo infreddolito da un senso di disagio. Non so nuotare. Ho paura di annegare. Metto entrambe le mani sul bordo e guardo il mio ombelico immergersi nell’acqua e diventare più grande. Da dove vengo? Dove sto andando? C’è troppo silenzio attorno a me. Decido di riaprire il rubinetto della vasca.  Il rumore dell’acqua mi tranquillizza. Chiudo gli occhi e, per un attimo, mi immagino vicino ad una cascata. Il freddo della roccia, su cui appoggio, mi dà un brivido dietro la schiena. La natura è bellissima e io sento di farne parte. Poi la mente fa un girotondo inaspettato e io sono nuovamente nuda, in mezzo al bagno, in attesa di lavarmi. Per farlo, oggi, non ho bisogno di sapone, ma solo di sincerità. Mi domando chi sono e il gorgoglio dell’acqua sembra dire il mio nome. Controllo la mia faccia allo specchio. Sono io, non c’è alcun dubbio. L’acqua, oggi, non mente e io ho bisogno di sincerità. Mi immergo nuovamente dentro la vasca e, in trasparenza, mi guardo le mani. Piccole pieghe sono comparse sui polpastrelli. Mi viene da piangere pensando alle mani di mia nonna. Non sono pronta, non posso lavarmi, non adesso, non come dovrei. Gocciolante, esco dalla vasca e a piedi nudi percorro il corridoio che mi divide dalla camera da letto. Impronte bagnate segnano il pavimento e scoprono il mio nascondiglio. Da dietro l’armadio sento qualcuno che mi chiama. La casa è vuota. Ci sono solo io e il ricordo di qualcosa di prezioso fra il muro e la finestra. Sento di nuovo dire il mio nome. E’ l’acqua che sta entrando nei tubi a chiamarmi. La immagino scendere giù, sempre più in basso, fino alla rete fognaria. Penso al silenzio del sottosuolo, all’umido della terra e ho freddo. Indosso una giacca di lana, non è della mia taglia e non sa del mio profumo. Non ho memoria di come sia finita qui. Con i piedi ancora bagnati raggiungo la cucina. Ho sete. Un bicchiere sporco di rossetto è sul tavolo, girato al contrario. Non ricordo il nome del mio ultimo commensale, ma era certamente una donna dal viso truccato e dalle labbra dipinte. Non voglio cancellare quella bocca e decido di usare le mani per dissetare la mia malinconia. Apro l’acqua del rubinetto e un liquido giallo, maleodorante, fuoriesce a intermittenza. Ci deve essere stato un guasto nel quartiere. Uomini al lavoro. Tubazioni da cambiare. Avvisi accatastati sotto montagne di volantini pubblicitari. Ho sete. Non ho acqua in casa. Mi dirigo in bagno e guardo la vasca. Mi chino e, con le mani a coppa, tento di bere. Ripeto il movimento due, tre, quattro, forse cinque volte, fino a quando non ne sono più capace, ma non riesco a placare la mia sete. Devo lavarmi. Per farlo, oggi, non ho bisogno di sapone, ma solo di sincerità e di acqua. Mi mancano entrambe le cose. Devo trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. Mi fermo davanti allo specchio. La faccia è la mia. Mi chiamo. Nessuno risponde. Sento un rumore provenire da fuori. Forse gli operai stanno chiudendo l’asfalto. Guardo dalla finestra, ma non vedo nessuno. Anche i lampioni sono spenti. Mi chiedo perché. Poi un lampo di luce mi acceca, seguito da un tuono. Fuori piove, copiosamente. Senza pensarci e scordando le chiavi, corro giù dalla scale. Ho i piedi nudi e un maglione più grande, che mi lascia scoperte le gambe. L’asfalto è caldo, come sempre nelle sere d’estate. Sento le gocce di pioggia bucarmi la testa. Inizio a contarle, ma vanno troppo veloci. Ho sete. Chiudo gli occhi e alzo il viso al cielo. La pioggia mi scivola sulle guance e mi tappa le orecchie. Non ricordo una sensazione più bella. Ho i capelli fradici e, finalmente, i pensieri puliti. E allora apro la bocca, più che posso. Voglio bere la pioggia, voglio lavarmi con un temporale, ricordare l’adesso per sempre. Poi i fari di una macchina in lontananza mi abbagliano. Mi scosto di lato e calpesto una pozzanghera. Nel buio non l’avevo notata. E’ grande. Profonda. L’acqua che la riempie è torbida. Di colpo i lampioni si accendono. Non mi vedo i piedi. Sono immensi in quella poltiglia, nera e densa. Rientro. Sono nuda, in mezzo al bagno, in attesa di lavarmi. Per farlo, oggi, non ho bisogno di sapone, ma solo di sincerità. Mentre la vasca si riempie, io mi cullo col rumore dell’acqua che esce dal rubinetto. La perdita è stata riparata da un operaio volonteroso che adesso sta tornando a casa per cena. Mi accorgo di non aver mangiato per tutto il giorno, ma non ho fame e nemmeno sete. Ho solo bisogno di lavarmi e di ricordare il nome di ciò che ho perso. Mi immergo in acqua bollente. Lo specchio si appanna e io dimentico il mio viso. Di che colore ho gli occhi? Credo marroni, ma non ne sono sicura. Mi asciugo la faccia con le mani bagnate e cerco di afferrare un ricordo. Era inverno, l’acqua era diventata pioggia, la pioggia era diventata neve e la neve si era trasformata in ghiaccio. Ho atteso la primavera seguente per vedere il ruscello davanti a casa mia di nuovo rigoglioso. Ricordo che giocavamo insieme. Tu mi spruzzavi l’acqua sul viso e io tentavo  di fare lo stesso. Le nostre risate riempivano l’aria, come se il profumo di margherite, già, non fosse abbastanza. Adesso è estate, sono nella vasca e ho paura di affogare. So nuotare, ma ho ritrovato il nome di ciò che ho perso. Innocenza.

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